Calcinaia (PI)
Bimbo in lacrime, poi, il bacio in fronte.
Non è da questi particolari che si giudica un giocatore. Gabriele ha paura e trema, ha appena sbagliato un canestro decisivo.
- Il pubblico avversario esulta.
Il derby sembra ormai perso, scendono le lacrime, scoppia il pianto silenzioso di un bimbo di nove anni con quel pallone da basket fra le mani e di nuovo da lanciare nel canestro.
- "Esco, grazie. Me ne vado. Lascio tutto. Scusatemi".
Ma la storia può cambiare, il coach ferma il tempo, entra sul parquet, bacia il bambino sulla fronte, asciuga il luccicone e sussurra: "Credo in te Gabri. Adesso riprovaci".
La paura scompare, il secondo tiro libero è la storia di una nuova vita. Lo sport che sorride. La gioia, la vittoria, il riscatto. E' il riscatto del bene. Di un amico che arriva al momento giusto.
E' la storia dell'allenatore Matteo Bruni e del piccolo Gabriele.
"Ai miei ragazzi - spiega il coach Bruni - dico sempre che non devono credere in se stessi, ma che sono io a credere in loro. E proprio questo ho detto a Gabriele. Che credevo in lui".
Sugli spalti qualcuno aveva scattato una foto: la testa piegata in basso di Gabriele e il coach che la tiene fra le mani, un'immagine che vale più di tanti trattati sullo sport.
Qui signori, c'è la vita.
Sintesi dell'articolo di Saverio Bargagna - fonte La Nazione, 12 maggio 2016
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